Coronavirus, goccioline infettive nell'aria. Lo studio
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Direttore: Alessandro Plateroti

Coronavirus, goccioline infettive nell’aria. Lo studio del team di ricerca dell’Università della Florida

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Lo studio di un team di ricerca dell’Università della Florida sul coronavirus: le goccioline nell’aria sono attive ed infettive.

Arriva da uno studio del team di ricerca dell’Università della Florida il nuovo allarme sul coronavirus. Secondo i ricercatori, nell’aria resterebbero piccolissime particelle in grado di infettare. Attive e potenzialmente contagiose.

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Le discussioni sulla contagiosità delle particelle dell’effetto aerosol

La diffusione per via aerea del coronavirus dall’inizio dell’emergenza continua a dividere il mondo della scienza. L’Oms è arrivata ad ammettere la possibilità che il contagio per questa via possa effettivamente avvenire. Non si tratta della diffusione per mezzo di goccioline o starnuti, colpi di tosse o altre emissioni considerevoli di saliva. Si parla di contagio attraverso micro-particelle che restano nell’aria prima di evaporare. Queste micro-particelle vengono rilasciate semplicemente parlando o respirando.

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Coronavirus, il team di ricerca dell’Università della Florida: particelle attive e infettive

Lo studio del team di ricerca dell’Università della Florida assume particolare importanza e rilevanza in quanto sostiene che queste minuscole particelle che fluttuano nell’aria sono attive e infettive. Tradotto, sono in grado di contagiare. I ricercatori sono riusciti ad isolare le goccioline presenti in una stanza dove si trovavano pazienti ricoverati per il coronavirus. I soggetti in questione erano a una distanza di due o quattro metri tra loro. In Italia la distanza di sicurezza è fissata a un metro in condizioni normali, due quando si pratica sport. Il risultato della ricerca evidenzia come le goccioline dell’aerosol siano contagiose.

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La polemica

Lo studio ha riaperto il dibattito nella comunità scientifica internazionale che continua a dibattere sulla capacità di queste micro-particelle di infettare. Bisognerebbe poi ampliare il discorso valutando la contagiosità all’aperto e al chiuso e ragionare sui tempi di esposizione.

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ultimo aggiornamento: 18 Agosto 2020 15:17

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